Il cucciolo
di Françoise Bohr (commento alla scultura)
Chi si è mai trovato un cactus fra le zampe? Non è esperienza comunissima
allo stato letterale ma metaforicamente può succedere a ognuno di noi? Una quasi sfera,
simbolo della natura bella e selvaggia.
Per un cucciolo di cane può rappresentare una palla ma anche un pericolo, può esprimere sia
gioiosa meraviglia sia timore, sia l'uno e l'altro insieme. Tutto questo crea un clima
di attesa, di interrogazione continua, perché lo stupore, atteggiamento di sorpresa, è
fatto in ugual misura di gioia e di timore.
Lo stupore non è uno stato, ma un accadere. Charles Péguy scrittore francese dice che
«presupposto di questa sensazione è l'impressione di qualcosa che di colpo accada davanti
ai miei occhi» e paragona questo magico momento al momento di grazia all'«essere
sopraffatti, essere fuori di sé, essere sbigottiti da qualcosa che si vede o che si sente».
E' una sorpresa che ti arrovella la testa, perché qualcosa di nuovo, di inatteso o di
insperato ti si presenta davanti. Lo stupore irrompe subito ed è un turbamento momentaneo,
che può esplodere anche in una gioia immensa (mettiamo, se il cactus fiorisce). E' una
situazione che per sua natura è in grado di porre dubbi, di suscitare altre domande,
di mettere in questione il già acquisito e di suscitare nuove curiosità.
Lo stupore infantile per la cosa in sé è potere di stupirsi del mondo in totale fusione
con esso, al di là di ogni futura, adulta (e occidentale) logica separatoria.
E' molto più difficile stupirsi da adulti perché siamo sempre in difetto di qualcosa
quindi subito vogliamo dare ad ogni fenomeno un'interpretazione. Il vero stupore invece
parte da una condizione di spensieratezza, di assenza di un io forte, è l'atteggiamento
caratteristico dei bambini, dei giovanissimi, o dei santi, zen o primi cristiani, degli
scienziati, dei filosofi o dei pazzi, di chi si distacca dal mondo. Agli altri resta
la nostalgia dell'infanzia.
Péguy scrive (in Véronique): «E allora te lo dico: La prima sarà la migliore,
perché non sa, perché è ancora tutta piena di stupore [?]. è tutto un problema di genio,
anzi, tutto il suo problema temporale è forse là: guadagnare, se si può, [...] ma
essenzialmente non perdere in stupore e novità, non perdere il fiore, se è mai
possibile che non si perda neanche un atomo di stupore. è la prima che conta.
è lo stupore che conta»
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